Il fenomeno della risalita del cuneo salino si osserva alla foce dei fiumi, in vicinanza del fondo dell’alveo, che viene occupato dall’acqua di mare, la quale tende a penetrare all’interno della foce in misura tanto più rilevante quanto più è ridotta la portata d’acqua dolce in arrivo da monte e quanto maggiore è il livello di marea.
In realtà, le escursioni di marea proprie dei mari italiani (con particolare riferimento al mare Adriatico) sono piuttosto modeste, ma la penetrazione del cuneo salino è fortemente influenzata/favorita dalle portate d’acqua dolce in arrivo che, a causa dei periodi di magra sempre più prolungati, è in forte diminuzione soprattutto nel corso dei mesi estivi.
Il fenomeno ha assunto negli ultimi decenni proporzioni sempre più preoccupanti con una progressiva intrusione salina lungo i corsi d’acqua.
Basti pensare infatti che, mentre negli anni ’50 – ’60 l’intrusione salina era limitata a circa 3 km dalla foce dell’Adige, negli anni 2000 la presenza del sale è stata rilevata a circa 20 km dalla foce, mettendo sostanzialmente in crisi l’intero sistema irriguo che impiega l’acqua di questo tratto di fiume.
I motivi dell’aggravarsi del fenomeno possono essere ricercati nella subsidenza (sia quella naturale, che quella causata dall’estrazione di metano), nell’eustatismo marino, nell’approfondimento di alcuni tratti del fiume a causa di prelievi di inerti ed infine nei consistenti attingimenti di acqua per usi industriali, civili ed irrigui a monte, che hanno considerevolmente ridotto le portate di magra.
L’aumento del tenore di salinità dei suoli nelle zone costiere, causato dall’intrusione salina, provoca rilevanti problemi nel territorio che hanno importanti ripercussioni riguardanti diversi campi:
Al fine di contrastare il fenomeno della risalita del cuneo salino nei rami terminali dei fiumi Po e Adige, nel 1976 l’allora Consorzio di Bonifica Delta Po-Adige propose la realizzazione di una struttura “pilota” alla foce del Po di Gnocca per sperimentarne il funzionamento, l’efficacia e le conseguenze.
La soluzione proposta era relativa ad una struttura fissa ancorata sul fondo del fiume e da elementi mobili modulari, costituiti da una serie di alette o “flaps” in acciaio inox incernierati in favore di corrente. In tale modo viene consentito il normale deflusso dell’acqua dolce da monte verso valle mentre viene impedito il passaggio dell’acqua nella direzione opposta, in quanto i flaps unidirezionali si chiudono automaticamente man mano che il cuneo salino aumenta di spessore.
La realizzazione della barriera antisale sul Po di Gnocca ebbe inizio nel luglio del 1985 e i lavori furono completati nel 1988. L’efficacia dello sbarramento fu verificata con misure in loco e con l’utilizzo di salinometri fissi installati a monte e a valle dello stesso.
Da un articolo del 1987 pubblicato su “Il Polesine – Giornale degli agricoltori e degli interessi economici della Provincia di Rovigo”, risulta infatti che, dopo pochi mesi dall’installazione, il grado di salinità dell’acqua in risalita si era ridotto dallo 0,36 per mille allo 0,06 per mille.
Sull’esperienza di tale struttura furono successivamente finanziati e realizzati con la medesima tecnologia altri due sbarramenti antisale, alla foce del Po di Tolle ed alla foce dell’Adige.
L’esperienza maturata in questi anni grazie alla realizzazione e gestione di queste opere ha permesso di accertare la buona efficacia delle stesse nel contrastare l’ingressione di acqua salmastra nelle condizioni di magra ordinaria del fiume, e al tempo stesso i limiti operativi nel caso dei sempre più frequenti episodi di crisi idrica, con portate in arrivo da monte ben al di sotto dei valori minimi di progetto.
L’aspetto infatti che maggiormente incide in maniera negativa sulla funzionalità degli sbarramenti è rappresentato dalle magre assolutamente eccezionali non prese in considerazione in fase progettuale.
Nel caso specifico della barriera mobile antisale ubicata alla foce dell’Adige e resa attiva dal 1998, il progetto venne redatto tenendo conto della portata minima storica e statistica di 90 m3/s che, purtroppo, non viene più garantita. Già nei primi anni 2000 si verificarono fenomeni siccitosi durante i quali l’Adige raggiunse portate eccezionalmente basse, inferiori ai 30 m3/s, con la conseguente carenza di portata minima di acqua dolce in grado di contrastare l’entrata di acqua salata dalla sommità della barriera.
La situazione di crisi idrica, che all’epoca fu definita come evento “eccezionale”, sta diventando una costante.
Le ripetute magre eccezionali dell’Adige, ben al di sotto della portata minima di rispetto, indicano che il tempo di ritorno del fenomeno è molto basso e quindi elevato il rischio di vanificare la presenza dello sbarramento antisale, che viene regolarmente sovrappassato dall’acqua salata in concomitanza delle alte maree.
Al fine di garantire al tratto terminale del fiume la possibilità di derivare acqua ad uso idropotabile, ad uso irriguo e per la salvaguardia della vegetazione riparia del fiume, per evitare l’insalamento della falda e la conseguente desertificazione di un territorio che rientra nei siti Natura 2000, nel Parco Regionale Veneto del Delta del Po, a forte vocazione turistica, il Consorzio di Bonifica Delta del Po ha studiato il problema ricercandone la possibile soluzione.
Abbandonata l’idea di ridurre le derivazioni irrigue lungo il tratto di monte dell’Adige, per ovvi motivi legati alle necessità produttive agricole, o di garantire un maggior rilascio di acqua dalle dighe montane, situazione strettamente legata all’imprevedibile disponibilità di risorsa idrica sia nei ghiacciai che negli invasi montani, la soluzione ipotizzabile è relativa alla realizzazione di un nuovo sbarramento antintrusione salina, da collocarsi nel tratto terminale del fiume Adige subito a monte dell’attuale barriera antisale esistente. IQT consulting sta collaborando allo studio del nuovo sbarramento.
Il sito interessato dalla realizzazione delle opere è situato circa 6 km a valle della S.S. 309 Romea.
Scopo del progetto è quindi quello di realizzare una barriera che tenga separata l’acqua dolce del fiume da quella di mare e, in particolare, di realizzare in questo modo un bacino di accumulo, a scopi irrigui, nel tratto di monte. Non si tratta della completa interruzione del flusso idrico per creare una sorta di serbatoio, ma piuttosto di dare origine ad un profilo di rigurgito della corrente in arrivo allo sbarramento (rialzo dei livelli idrici) e quindi della messa a disposizione delle derivazioni irrigue e acquedottistiche di monte di un volume d’acqua dolce aggiuntivo rispetto alla situazione di libero deflusso. Questo volume aggiuntivo di acqua dolce, non contaminato da ingressi salini, sarebbe sempre disponibile durante l’esercizio della barriera.
Il manufatto di regolazione idraulica ipotizzabile interesserà tutta la sezione trasversale dell’alveo, e sarà dotato di luci presidiate da paratoie, aventi lo scopo di realizzare la ritenuta e la regolazione delle portate di deflusso e dei livelli idrici di monte. Nel caso di eventi di piena, le paratoie saranno completamente aperte per liberare la sezione di deflusso, garantendo le condizioni di sicurezza nel fiume.
La gestione dello sbarramento dovrà essere attuata mediante appositi sistemi di telecontrollo e di automazione, in grado di governare la movimentazione degli organi di regolazione allo scopo di mantenere il prefissato livello idrico a monte dello sbarramento.
L’efficacia dell’opera sarà verificata tramite il monitoraggio in continuo dei livelli idrici a monte e a valle della barriera, nonché dei valori di salinità, che permetterà di acquisire, elaborare e memorizzare i dati, nonché di trasmetterli in tempo reale a tutti i soggetti interessati.
Fonti:
Articolo del 30/08/1987 estratto da “Il Polesine – Giornale degli agricoltori e degli interessi economici della Provincia di Rovigo” Anno XLIII – N. 17.
Andrea Trivellato
Project Manager IQT consulting S.p.A.